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Teoria delle buone ragioni -

Teoria delle buone ragioni , nella metaetica americana e britannica, un approccio che cerca di stabilire la validità o l'obiettività dei giudizi morali esaminando i modi di ragionamento usati per sostenerli. L'approccio è apparso per la prima volta in An Examination of the Place of Reason in Ethics(1950) di Stephen Toulmin, filosofo della scienza ed etico britannico. In generale, l'approccio rappresenta una reazione contro il positivismo degli anni '30 e '40, che, nella sua teoria secondo cui i termini morali hanno solo un significato emotivo, tendeva a sostenere il relativismo etico, il soggettivismo e lo scetticismo. Rappresenta anche l'influenza costruttiva di uno dei padri fondatori dell'analisi linguistica, Ludwig Wittgenstein, che nella sua successiva filosofia respinse tutte le interpretazioni del significato e del linguaggio che riducono ogni discorso significativo a enunciati categorici, proponendo invece che il compito filosofico è riconoscere e descrivere diversi "giochi linguistici", o usi del linguaggio, in quanto manifestano effettivamente diverse forme di vita. I filosofi delle buone ragioni iniziarono così a esaminare il discorso normativo, in generale, e il discorso morale,in particolare, nel suo insieme piuttosto che esplorare solo i termini unicamente morali incorporati in quel discorso. Questo esame ha portato ad apprezzare la complessità delle relazioni tra gli aspetti valutativi e descrittivi del discorso morale e, in particolare, a considerare le connessioni logiche tra loro.

Sebbene questi moralisti per buone ragioni, come Henry David Aiken, Kurt Baier, Kai Nielsen, John Rawls, Marcus G. Singer, Paul W. Taylor, Georg Henrik von Wright e Geoffrey James Warnock, manifestino un'ampia gamma di teorie sulla normativa questioni, generalmente concordano sul fatto che la funzione primaria delle espressioni morali è pratica - cioè, direttiva di azione - piuttosto che emotiva ed espressiva. Le persone, tuttavia, danno ragioni per ciò che dicono che dovrebbe essere fatto, e il dare queste ragioni segue uno schema; cioèè un'attività governata da regole, che coinvolge elementi sia di coerenza logica formale che di riferimento ai fatti. L'approccio delle buone ragioni diverge quindi dagli sforzi precedenti, che cercavano di stabilire l'oggettività della morale determinando il contenuto cognitivo di termini morali unici come bene e giusto. L'approccio delle buone ragioni mostra una certa affinità con le visioni naturalistiche nel suo accordo sul fatto che il ragionamento morale fonda in qualche modo i valori nei fatti, il "dovrebbe" nell '"è" e che ci sono limiti a ciò che conterà come buone ragioni e quindi come rivendicazioni morali giustificate, valide, oggettive - limiti che riflettono standard di coerenza che sono logici e possono essere resi universali e che riflettono anche criteri di rilevanza dei fatti, imparzialità di atteggiamento e sensibilità appropriata.

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